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Saturday, July 14, 2007


Proprio in questo periodo, mi trovo a riflettere sulla possibilità che le nostre scelte, anche (anzi, oserei dire, soprattutto) le più “sentite” non siano frutto della nostra semplice presa di posizione. Penso a quante volte, ad esempio, mi sono illuso che la mia scelta fosse la migliore da farsi. Ma, ovviamente, poteva non esserlo…per qualcun altro. Che significa? Bè, volendo estrapolare da questa banale riflessione, un significato più generale, posso dire che ciò che io sono, non è divenuto tale casualmente, o perché, improvvisamente, mi sono accorto delle “giuste” scelte da farsi, ma perché, per il mio benessere, non poteva essere altrimenti. Come si vede, alla base di tale teoria, c’è una concezione della motivazione al benessere, come propulsore delle nostre scelte. Sembra ricordarmi il principio del piacere, a cui Freud si rivolgeva per spiegare l’accadere psichico. Mi rendo di quanto determinismo ci sia nel mio modo di simbolizzare le dinamiche mentali. Ma non vedo altre strade battibili, al momento. Ricorrendo ad un esempio pratico, possiamo immaginare come una persona sadica possa essere divenuta tale per riuscire ad esorcizzare l’aggressione che altri le rivolgevano, identificandosi con l’aggressore. Ci sono dei meccanismi difensivi che riescono a spiegarci cosa può succedere, ma, fortunatamente non ce ne danno la certezza. E nonostante ciò, quel margine di scelta che rimane all’individuo, e che può essere ritenuto sistematico; di cosa è frutto? Potremmo ricominciare da capo la nostra discussione, accorgendoci di cadere inesorabilmente di fronte all’impossibilità di chiudere il cerchio. Potremmo scoprire di essere molto prossimi al paradosso di Zenone. Che per quanto corresse, mai riusciva a raggiungere la tartaruga. Ed in effetti, così è. Allora, a mio avviso il nostro compito, come ricercatori di verità ( ma verità relative, quelle con la v minuscola, come direbbe Odifreddi) è quello di ridurre sempre più questa distanza. E per farlo abbiamo bisogno di almento due strumenti fondamentali. Il setting, ed una teoria della mente che a questo setting sappia dare senso. Cavalchiamo nelle acque dell’incertezza, e se c’è qualcuno che con questa ancora non ha ancora fatto i conti, scagli la prima pietra.

Sunday, April 01, 2007

Il bambino ama la madre perchè da lui riceve nutrimento e "calore affettivo" ( senso di protezione); ma al contempo la odia proprio perchè per gli stessi motivi ne deve dipendere. Quindi, si prodiga per possederla, farla sua, ma in ciò fallisce costantemente. La madre potrebbe essere sostituita dalla ragazza , o da qualsiasi altra cosa percepita come oggetto di soddisfacimento di bisogni in noi intensi. Ma è solo questo l'amore? Forse si, prevalentemente. Talvolta diviene impossibile riconoscere quanto ci sia di vero in affermazioni come quelle citate sopra. Sembra troppo artificioso ricorrere a quel modello, piuttosto che ad un altro ( per approfondimenti vedi post passati di Checco) . E' vero, in questo modo capisci finalmente cosa ti sta accadendo, o almeno così può sembrarti, ma, al contempo, forse perdi il gusto della sfida. Sfida con il senso con la logica, con la nostra stessa ossessione dell'avere tutto a posto. E' un pò come sedersi su di un trono di cristallo: ti da la sensazione di esserti finalmente innalzato a delle vette che avevi rimosso dalla tua coscienza; ma il gelo che inevitabilmente, ma senza fretta, si addentra nel tuo corpo, ti invita a scendere, ancora una volta, nel caldo folklore dei nostri giorni caotici. Ti invita a diventare stupidaggine, spontaneità, a potere essere quello che si considera meno desiderabile, ma che fa pur parte di noi stessi, e nessuno mai ce lo potrà togliere.